L`ennesimo imbroglio sulla ”ripresa” - di Fabrizio Fiorini

Pubblicato il da borsaforextradingfinanza

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Chiunque abbia chiaro il funzionamento del vigente sistema monetario, chiunque conosca le politiche e la legislazione bancarie, tutti quanti siano edotti circa la completa assenza di sovranità nelle scelte politico-sociali dovuta dai vari “vincoli” eurocratici che configurano un controllo “poliziesco-tributario” sul debito e addirittura sulla velocità con cui questo debba essere saldato – tutti costoro ben sapranno che finché questi fattori primari di crisi non saranno abbattuti nessuna misura, ma proprio nessuna, grande o piccola che sia,  di rinascita economica della nazione sarà possibile.
Oramai, nessuno più ci crede. Questo spirito di rassegnazione rappresenta mestamente la fotografia di una nazione che più, forse, non può essere definita tale. Ed è questo spirito di rassegnazione che ferisce maggiormente, che rende l’idea di quanto lungo sia il ramo discendente della parabola su cui quella che era stata una grande nazione si è incamminata. E non si guardino solo i gestori della “politica”, dei esecutori delle disposizioni di Bruxelles: da parte loro non può che esserci – salvo i casi (numerosi) di comprovata ed eclatante inettitudine – che una interessata complicità. Si guardino gli stessi cittadini, gli strozzati dalle politiche usuraie, gli uomini cui è stato rubato il futuro: sono stati, in gran parte, assuefatti. Per loro la “crisi” è ormai folclore nazionale, è il racconto da bar, sono i siperietti da avanspettacolo che negli anni sessanta avevano come personaggi il bagnino, la pettegola e l’automobilista e oggi hanno come trama la diffusa povertà.
Mario Monti diceva: “la ripresa è dentro di voi”. Questo è il grande inganno: la “ripresa” non solo è una sordida barzelletta, ma l’ultimo posto dove trovarla è proprio dentro di noi, dentro il tessuto sociale ormai disgregato della nazione. Nessuno (o quasi) più ci spera e – cosa ben più grave – nessuno (o quasi) si ribella. Altrimenti non si spiegherebbe come nessuno rilevi l’assurdità degli annunci ciclici, che si ripetono ogni dodici mesi, circa il fatto che il prossimo anno sarà quello buono, che si vede la luce in fondo al tunnel.
Anche quanti (incautamente è dir poco) vorranno attribuire una fiducia politica al governo di Matteo Renzi non potranno esimersi dal riporre altrettanta fiducia (questa volta meglio riposta) nella mera algebra contabile della Ragioneria dello Stato che necessariamente opporrà ai “buoni propositi” di rilancio occupazionale e di allentamento della stretta fiscale le disposizioni perentorie della Bce.
Pur considerando quindi scontato che, in questo quadro, pochi siano le possibilità di manovra per qualsivoglia misura politica “popolare”, e fermo restando che queste diverranno attuabili solo in un contesto di radicale denunzia dei poteri sovranazionali che soffocano la nostra indipendenza nazionale, è anche vero che quei “quattro spiccioli” di cui possiamo avere potere di gestione dovrebbero e potrebbero essere utilizzati quantomeno nel senso di alleviare la gravissima situazione in cui sempre più larghe fasce di popolazione sono venute a trovarsi.
Invece, neanche quello. Siamo il Paese, ricordiamo, il cui governo ha fondato i presupposti morali di quello che è stato sbandierato come un “cambiamento epocale” sulla storiella di pessimo gusto di “una riforma al mese”, che poi diventeranno mezza ogni tre mesi, per poi diventare ancora, in ossequio al nostro stile decadente, un polemico nulla di fatto; o sull’aumento di 80 (ottanta) euro di detrazioni fiscali nella busta paga di alcuni lavoratori: quelli, in sostanza, che ancora ne hanno una.
E’ decisamente sgradevole affermarlo (ma chi legge queste righe sa bene che non è nostro costume fomentare qualsivoglia “guerra tra poveri”) ma è un incontrovertibile dato di fatto che chi oggi ha ancora un cedolino paga ogni mese, chi ha un rapporto di lavoro “ordinario” (che ordinario più non è), un contratto quindi di lavoro dipendente a tempo indeterminato, si trova senza dubbio ad essere un “privilegiato”. Ci sono altre, numerosissime, categorie di lavoratori che sono stati, per l’ennesima volta, esclusi da queste concessioni pur blande ma che avrebbero potuto non solo essere di aiuto, ma anche configurare una reale volontà dei nostri politicanti di andare incontro ai bisogni  del popolo.
Innanzitutto i milioni di cosiddetti “precari”, i sotto-inquadrati, i lavoratori “a voucher”, i lavoratori “a chiamata”, tutte le categorie figlie della liberalizzazione selvaggia che ha trasformato il lavoro nazionale in un lauto pasto per gli squali, che per motivi di incapienza fiscale o di esclusione dalla normazione giuslavoristica del lavoro dipendente tradizionalmente inteso restano esclusi da ogni beneficio. E lo stesso dicasi delle “partite Iva”, e bene ha fatto la Lega a difendere le loro ragioni, vere o “false” che siano, che spesso sono forme camuffate di lavoro dipendente e che sempre e comunque devono sobbarcarsi il peso del pagamento della propria contribuzione previdenziale fungendo altresì da “salvadanaio” da cui attinge copiosamente un Inps sull’orlo della bancarotta.
Questo ennesimo governo della miseria ci ha concesso, insomma, niente più che un’elemosina; e aggiungendo al tragico una venatura comica, non è stato neanche capace di distribuirla. E per fortuna che doveva essere il governo della svolta. In ogni caso, non saranno le briciole sotto il tavolo del banchetto dei banchieri a risollevare i nostri destini; occorre rovesciarlo quel laido desco, occorre riprendere le redini della nostra sovranità, della nostra autodeterminazione nazionale.  - See more at: http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=23241#sthash.EoNcIabi.dpuf

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