I mercati emergenti perdono appeal, comincia una Nuova Era?

Pubblicato il da borsaforextradingfinanza

http://www.agoravox.it/local/cache-vignettes/L300xH318/chi-diceva-che-i-mercati-emergenti-non-erano-piu-un-buon-investimento-bd162.jpgDopo due anni di affannosa rincorsa ai mercati emergenti, interpretrati come la nuova Eldorado della finanza mondiale, nell'ultimo periodo il vento sembra cambiato e tornano di moda i paesi sviluppati.

Meno Cina, India, Brasile, dunque e più Europa e Stati Uniti.

E' quanto emerge dalle ultime cinque settimane di contrattazioni in Borsa (dati al 23 febbraio 2011), con il trasferimento di circa 20,5 miliardi di dollari dai fondi azionari dei mercati emergenti ai comparti omologhi dei paesi sviluppati.

A pesare sulle decisioni di allegerire le esposizioni verso le nuove economie concorrono diversi fattori: soprattutto la continua salita dei prezzi in India e Cina, preludio di ulteriori manovre restrittive da parte delle banche centrali per contenere l'inflazione.

 

Resta un eccezione la Russia, grazie al suo outlook positivo per le materie prime.

 

Secondo Francesco Messina, Responsabile Azionario di Bnp Paribas, "I mercati emergenti sono stati destinatari di flussi di investimento ingenti da parte degli investitori di tutto il mondo e pertanto una fase di consolidamento è necessaria. La Russia è un eccezione, in quanto il suo mercato azionario è rappresentato al 73% da titoli del settore Energetico e dei Materiali di base che traggono beneficio dall'aumento dei prezzi delle materie prime".

 

Non si tratterebbe della fine di un sogno idilliaco, piuttosto di una rotazione dei flussi, secondo gli analisti. L'investimento sui mercati emergenti resta ancora molto interessante su un orizzonte di lungo periodo.

 

Si tratta pur sempre di paesi che vantano un ritmo di crescita mediamente doppio rispetto alle economie sviluppate.

 

Le prospettive di India e Cina per i prossimi tre anni riflettono un andamento del Pil tra il 7% e l'8%, ben superiore alla media Ue e alla coppia Stati Uniti-Giappone.

 

"Nel lungo periodo - osserva sempre Messina - la tesi di investimento sui mercati emergenti rimane valida e basata su presupposti di carattere fondamentale molto solidi: demografia attraente, crescita economica superiore rispetto ai mercati sviluppati, bilancia commerciale in attivo e bilanci pubblici con livello di debiti sotto controllo".

 

In questo periodo, comunque, i mercati azionari dei paesi sviluppati sembrano offrire prospettive migliori, soprattutto nel settore Energy e Oil Services, che beneficiano dell'aumento del prezzo del petrolio e sono molto legati al settore delle infrastrutture: aereoporti, autostrade, reti elettriche, in quanto le tariffe sono legate all'inflazione. Attraente anche il panorama dell'IT Services, beneficiari di un ciclo di investimento positivo da parte delle aziende n nuovi software e sistemi.

 

E' finita dunque la febbre degli Emergenti? No, ma è sempre utile guardarsi bene intorno. ( Fonte: Libero Mercato)

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