La speculazione non apprezza Bernanke - di Andrea Angelini

Pubblicato il da borsaforextradingfinanza

http://www.rinascita.eu/mktumb640a.php?image=1371746258.jpgL’economia globale è serva della finanza perché i governi non sono altro che la faccia legale e istituzionale degli ambienti finanziari internazionali che da Wall Street alla City, da Francoforte a Tokyo e da Mumbay a Shangai hanno come unico fine quello di arricchirsi a tutto danno dell’economia reale. A sua volta la finanza non potrebbe sopravvivere alle proprie speculazioni se non avesse il sostegno dei governi e delle banche centrali che continuano a foraggiarla. L’ultimo esempio si è avuto con le reazioni negative all’annuncio di Ben Shlomo Bernanke che la Federal Reserve Usa continuerà a sostenere il sistema finanziario, acquistando titoli, soltanto fino alla fine del 2014. Una notizia che è stata accolta molto male dagli speculatori e dagli operatori del settore tanto che tutte le Borse del mondo hanno registrato sensibili cali. Evidentemente c’è chi non si accontenta mai e pretende di essere mantenuto sempre a spese dei cittadini e dei contribuenti. Oltretutto, si deve tenere presente che gli interventi mensili della Fed, distribuiti in una lunga casistica di operazioni diverse, ammontano alla non indifferente cifra di 85 miliardi, pari a 1.020 miliardi di dollari annui. Una cifra non indifferente che deve essere sommata ai prestiti che il Tesoro Usa, sia con l’amministrazione repubblicana di Bush, che con quella democratica di Obama, ha versato a banche, società finanziarie e assicuratrici. Tutte quelle che si erano ritrovate sull’orlo della bancarotta a causa di investimenti e di speculazioni andate a male.

Senza l’intervento dei governi e delle Banche centrali, l’Alta Finanza avrebbe già dovuto chiudere i battenti. E’ noto infatti che i titoli che circolano sui mercati internazionali hanno un valore nominale decine di volte superiori al valore dell’economia reale. Titoli derivati che rappresentano una scommessa sul valore futuro che un titolo reale o un altro titolo virtuale potranno avere ad una determinata data. Si tratta di un generale gioco d’azzardo che si avvale del sostegno della maggioranza dei governi dei Paesi che guidano l’economia mondiale e che non trovano nulla di strano nel sostenere quella finanza che ai loro occhi e ai loro cervelli bacati rappresenta il cosiddetto Libero Mercato.

Si deve peraltro pure aggiungere che la colpa di questa deriva non è soltanto nel peso intollerabile che ha acquisito la finanza all’interno dei sistemi economici. Il vero problema dal quale tutto si è originato è quella perversa ideologia della crescita economica. Una crescita che, nei discorsi dei banchieri e dei politici loro servi e complici, sembra poter essere infinita. Una idiozia abissale perché una crescita infinita non esiste in natura e di conseguenza non può esistere nemmeno in economia. Una idiozia che però si tenta di far passare nella testa delle persone per convincerle che devono fare i sacrifici in nome dello sviluppo economico e dell’interesse generale del Paese. Sacrifici che ovviamente, per chi lavora, comporteranno la perdita dei diritti, prevederanno ritmi di lavoro sempre più asfissianti, buste paga sempre più risicate e sempre più condizionate dalla presenza degli straordinari e dei premi di produzione. Il tutto per permettere alle imprese occidentali di affrontare meglio la concorrenza di quelle asiatiche che si avvantaggiano di un costo del lavoro bassissimo e di ritmi e di condizioni di lavoro ben sotto la soglia dello schiavismo. C’è infatti la volontà di trasformare il lavoro in merce e scatenare una guerra tra poveri nella quale il trofeo in palio sarà uno straccio di lavoro, peraltro pagato malissimo. Si innesta, in tal modo ed in tutto il mondo, un enorme trasferimento di ricchezza reale verso gli ambienti dell’Alta Finanza. Si innesta in tal modo un progressivo impoverimento del ceto medio, al quale, come nel caso italiano, si vuole fare pagare l’essere diventato proprietario di case ed avere investito i propri soldi nel mattone invece di aver giocato alla grande roulette della finanza investendo i propri risparmi nelle società dei cosiddetti “Salotti Buoni” che dell’Alta Finanza sono i terminali nazionali. Un impoverimento che sembra inarrestabile e che in Grecia ha rappresentato una delle case scatenanti delle rivolte di piazza che hanno portato i cittadini esasperati a dare l’assalto ai Palazzi del governo e alle sedi delle banche ritenute le principali responsabili delle speculazioni he avevano messo in ginocchio il Paese.

C’è un altro fattore che appare preoccupante perché testimonia che l’attenzione di chi protesta si sta rivolgendo più verso l’aspetto localistico e sempre meno verso quello globale. In altre parole, aumentano le proteste contro i governi e scemano quelle contro le riunioni del Bilderberg, della Trilaterale, del G8, del Forum di Davos. Come scemano quelle contro due tra i principali responsabili della nascita di questo sistema globale che gli ambienti finanziari stanno imponendo a tutto il mondo. Come La Banca Mondiale e il Fondo monetario internazionale.

Tra un Mario Draghi che impresta miliardi di euro alle banche europee e un Ben Bernanke che fa lo stesso con quelle Usa, c’è ben poca differenza. Entrambi vengono dallo stesso ambiente e condividono la medesima ideologia finanziaria. Entrambi vedono le banche come il centro del mondo ed entrambi vogliono che così continui ad essere. E tutte le banche e le società finanziarie da loro beneficiate vogliono che il gioco continui in base a tale copione. Le reazioni negative dei cosiddetti “mercati” all’annuncio di Bernanke, in ogni caso non è stato un crollo, testimoniano che l’economia e la finanza globali sono “drogate” e cercano di tenersi in piedi grazie ad un gioco del cerino nel quale, secondo le loro intenzioni, a rimanere bruciati debbano essere sempre i piccoli risparmiatori, quelli che negli ambienti che contano vengono indicati come il “parco buoi” e che come tali devono essere avviati al macello.

A rallegrare Wall Street e le altre piazze finanziarie non ha contribuito nemmeno la previsione di Bernanke che la disoccupazione passerà dal 7,6% attuale al 6,5% dell’anno prossimo. In un Paese ad alta mobilità come gli Usa tale dato dato è di per se stesso irrilevante.

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