" Fiscal cliff, debito pubblico e politica estera: Obama parte in salita" di Stefano Polli

Pubblicato il da borsaforextradingfinanza

http://fortunewallstreet.files.wordpress.com/2012/06/fiscal_cliff.jpgIl "sogno" di Barack Obama ha tempi brevi, una partenza in salita e una strada costellata di ostacoli. I toni evocativi, esplicitamente kennediani ed emozionanti con i quali il presidente ha festeggiato la conferma alla Casa Bianca, sono destinati a lasciare velocemente spazio, fin da domani, a una realtà difficile e impegnativa.

Obama ha di fronte a sé una seconda presidenza con due chiavi di lettura. Da un lato si è liberato di lacci e lacciuoli: nei prossimi quattro anni potrà e dovrà muoversi senza retropensieri elettorali per portare a compimento le sue promesse e i suoi progetti. Dall'altro, alcune delle prove che lo attendono sono da far tremare i polsi anche in considerazione della riproposta contrapposizione con il Congresso, con la Camera saldamente in mano ai repubblicani.

Nel suo discorso al McCormick Center di Chicago, Obama ha ritrovato se stesso e la sua vena oratoria. Ha delineato il nuovo percorso, ha parlato di un "viaggio" da intraprendere da qui ai prossimi anni, ha, di fatto, indicato una Nuova Frontiera facendo suo l'invito di Jfk: non pensiamo a quello che il Paese può fare per noi, pensiamo a quello che possiamo fare noi per il nostro Paese.

Passare dalle parole ai fatti non sarà però facile: in poche settimane, Obama dovrà provare a trovare un'intesa con il Partito Repubblicano che possa impedire il fiscal cliff, quell'aumento automatico di tasse a tagli alle spese per tenere sotto controllo il deficit. Sarà necessario un nuovo dialogo bipartisan che è mancato del tutto negli ultimi due anni. Questo problema è legato strettamente a quello della stabilizzazione del debito con le agenzie di valutazione che hanno già messo nel mirino il rating americano.

Saranno settimane di fuoco. L'economia continua a essere il problema numero uno dell'amministrazione Obama che, però, non potrà fare a meno di allargare lo sguardo al di là dei confini americani.

Obama dovrà dimostrare di essere un presidente capace di avere una visione, in grado di "pensare" una concreta politica estera che riporti gli Stati Unti ad avere quel ruolo al quale hanno, in parte, abdicato negli ultimi tempi.

Il mondo è pieno di crisi irrisolte che hanno bisogno di un intervento deciso e determinato da parte di una comunità internazionale da troppo tempo impantanata nello stallo del Consiglio di sicurezza dell'Onu, nella mancanza di volontà comune e di veri leader capaci di assumersi vere responsabilità di fronte alle sfide di inizio millennio.

Dalla Siria al nucleare iraniano, dall'eterno nodo israelo-palestinese ai tormenti della Primavera araba, dalla lotta al terrorismo internazionale al ritiro dall'Afghanistan, dai rapporti con la Cina ai cambiamenti veloci della globalizzazione: i giudizi finali sugli otto anni di Obama alla Casa Bianca passeranno anche dall'atteggiamento che gli Stati Uniti saranno capaci di tenere nei confronti di questi temi caldi.

Lo spirito kennediano di questi giorni potrà tornare molto utile a Obama. L' ispirazione è fondamentale. Adesso servono la forza di andare avanti senza timori e ripensamenti e il coraggio di osare senza tentennamenti. Questa è la prova del fuoco per il "sogno" di Barack.

Fonte: www.americaoggi.info

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