Fmi, così la Cina perde il 65% delle tasse

Pubblicato il da IL Grande Inganno

Lo sviluppo economico della Cina alimenta la crescita dei profitti delle imprese. Ma le ricadute sul fronte delle entrate fiscali restano piuttosto scarse a causa dell’incapacità di Pechino di intercettare i 2/3 delle entrate potenziali. Lo segnala il Fmi, ripreso dal South China Morning Post, nel suo ultimo studio sull’argomento. Tra le 46 economie osservate, ricorda il SCMP, la Cina – Hong Kong esclusa – si classifica all’undicesimo posto nella graduatoria dei peggiori Paesi in termini di efficienza nella raccolta delle tasse.

L’indicatore chiave si definisce “Corporate income tax efficiency” e misura in termini percentuali il valore della tassazione corporate raccolta in relazione al massimo ammontare che si sarebbe potuto ottenere dato il livello di imposizione e la base imponibile. Per Pechino il dato si attesta al 35% contro il 43% della media globale. Il 65% delle tasse potenziali, in altre parole, vengono perse per sempre. A pesare, evidenzia ancora il SCMP, è la quantità di denaro trasferita o comunque detenuta all’estero che, per la Cina, si attesterebbe a circa 2 trilioni di dollari. Proprio la capacità di attrarre denaro, al contrario, favorisce l’efficienza nella raccolta. Un meccanismo che, ovviamente, finisce per premiare proprio i paradisi fiscali. Nella classifica stilata dal Fmi, Cipro risulta essere la giurisdizione più efficiente con un risultato finale pari al 213%. Seguono l’Irlanda, 75%, e il Lussemburgo, 65%. Ultima l’Estonia con un modesto 20%.
Matteo Cavallito @ cavallito@valori.it

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