Ricetta giapponese contro la recessione - di Loretta Napoleoni

Pubblicato il da borsaforextradingfinanza

http://static.internazionale.it/assets/img/authors/88.jpgAd un anno di distanza dal suo lancio, Abenomics, la politica economica rivoluzionaria introdotta dal primo ministro giapponese, Shinzo Abe, ha prodotto alcuni risultati positivi: per 4 trimestri il tasso di crescita nominale è stato positivo ed i salari delle grosse imprese sono cresciuti, in parte grazie ai buoni di produzione ed agli straordinari. Tuttavia siamo ancora molto, molto lontani da una vera ripresa economica ed infatti gli economisti non sono convinti che Abenomics abbia innestato un circolo virtuoso in grado di trascinare l'economia giapponese fuori della deflazione. Innanzitutto, la domanda interna rimane troppo debole. Sebbene l'inflazione sia salita al 1,4 per cento, quindi in linea con quella americana (1,6) e tedesca (1,2), gran parte dell'aumento dei prezzi non è legato alla ripresa dei consumi, ma alla perdita di valore d'acquisto dello yen. Ecco spiegato il motivo per cui il prezzo dei beni durevoli, ad esempio i televisori sia sceso del 13 per cento in America e dell'8 in Germania mentre è salito del 3 per cento in Giappone.
Ancora più scetticismo sta generando la decisione del primo ministro di aumentare l'imposta sui consumi dal 5 all'8 per cento - ben al di sotto della media dei paesi dell'Ocse, si badi bene, ma possibilmente al disopra delle possibilità di una popolazione che da diverse decadi convive con recessione e deflazione. Il pericolo è che la tassa produca una contrazione ulteriore della domanda, come avvenne nel 1997 quando fu aumentata dal 3 al 5 per cento, una manovra che da sola innescò una spirale recessiva. Naturalmente l'obbiettivo di Shinzo Abe è utilizzare il gettito fiscale prodotto dall'aumento dell'imposta per ridurre il debito pubblico, pari al 200 per cento del Pil, ed indebolire lo Yen. E la domanda che tutti si pongono è la seguente: funzionerà?
Per ora la tassa, che entrerà in vigore il 1 aprile, ha spinto alcuni ad anticipare grossi acquisti e molti altri ad investire in lingotti d'oro, una decisione chiaramente dettata dal timore che la manovra non funzioni. Nonostante lo scorso anno il prezzo dell'oro sia sceso del 28 per cento, ponendo fine ad un ciclo ascendente durato 12 anni,  e sebbene la domanda giapponese sia troppo debole per influire sul prezzo del metallo giallo, psicologicamente l'oro è ancora considerato la migliore protezione contro recessione, deflazione ed inflazione, tre pericoli impellenti qualora Abenomics fallisse.
Fonte: www.caffe.ch
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