Il ritorno del Britannia - di Francesco Cancellato

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Tribuna di Lodi del 19 Novembre 2011... ma sembra scritto oggi.
http://sphotos-c.ak.fbcdn.net/hphotos-ak-snc6/207266_1003440160865_981_n.jpgE’il 2 Giugno del 1992. Non è la Festa della Repubblica, che sarà reintrodotta solo nel 2001. E, del resto, c’è be npoco da festeggiare, quel giorno. Soltanto dieci giorni prima, Giovanni Falcone è saltato in aria nei  pressi dell’aeroporto di Capaci insieme alla moglie e agli agenti della scorta. Dopo che settimane si è insediato un Parlamento già  pesantemente delegittimato dalle inchieste dell aProcura di Milano. Ancora non c’è alcun Governo. Eppure, quel 2 Giugno, nei pressi del porto di Civitavecchia, sembra un giorno di festa. Ci sono proprio tutti. C’è Mario Draghi, allora Direttore Generale del Ministero del Tesoro. C’è Beniamino Andreatta, allora dirigente Eni e mentore di Romano Prodi, Presidente dell’IRI dal 1982 al 1989. Dell’ Eni c’è anche il Presidente, Gabriele Cagliari. Ci sono pure il dirigente dell’IRI Riccardo Galli, l’economista Mario Baldassarri, il capo dell’INA Pallesi, quelli di Agip e Snam, Santoro e Pigorini.  Stanno salendo a bordo della storica nave Britannia,per una crociera d’affari di una mezza giornata circa. Sono stati invitati dalla società British Invisibles Export Council, nata negli anni della Thatcher per promuovere le privatizzazioni inglesi ed ora operante per promuovere l’attività di banche,assicurazioni, società di servizi e trading company britanniche nel mondo. Al tempo,nessuno dette peso a questa crociera. Il Corriere della Sera, per dire, la presentò come una specie di corso di formazione per i manager italiani. Altri,più avanti, sostennero che quel giorno sul Britannia, approfittando della crisi della politica, si decise la spartizione dell’industria pubblica italiana. Non fosse altro perchè sul Britannia, quel giorno, c’erano anche i grandi banchieri di Merrill Lynch, Goldman Sachs e Salomon Brothers, cui si rivolgerà il governo italiano durante la fase delle privatizzazioni.

 

Il Governo Amato e l’attacco alla Lira

Il 28 Giugno dellostesso anno, giura al Quirinale il Governo presieduto da Giuliano Amato,l’ultimo governo della Prima Repubblica. Amato è il consigliere politico edeconomico di Bettino Craxi, due volte suo sottosegretario alla Presidenza del Consigliofra il 1983 e il 1987. Sarà l’unico, tra gli uomini di vertice del PSI diallora, ad uscire indenne da Tangentopoli. Uno dei primi atti del Governo Amatoè quello di trasformare gli Enti Statali in Società per Azioni, avvalendosidella legge 386/91. Un provvedimento, questo, fatto proprio con l’intento diaprire una stagione di privatizzazioni delle società e delle imprese ancora diproprietà statale. Non a caso, con il decreto 333 dell’11 Luglio 1992, Eni, Enel,Telecom e IRI diventarono società per azioni. Passano pochi mesi e comincia labufera. E’ agosto ed è appena saltato in aria anche Paolo Borsellino quando Standardsand Poor’s declassa il debito italiano (esattamente come è successo il 20Settembre scorso). Immediatamente, comincia la speculazione nei confronti dellaLira. A orchestrarla, il finanziere George Soros con il suo Quantum Fund. Inpoche settimane, la nostra moneta perde il 30% del suo valore, tanto che il 13settembre l’Italia esce dal Sistema Monetario Europeo. L’Italia, titolano igiornali, è sull’orlo del baratro. Per rispondere a tale attacco, il Governo Amatoattua misure durissime. Ancora oggi si ricorda la finanziaria da 92milamiliardi di Lire che prevede l’aumento dell’età pensionabile, l’aumentodell’anzianità contributiva, il blocco dei pensionamenti, la minimum tax, lapatrimoniale sulle imprese, il prelievo forzoso dai conti correnti bancari, l’introduzionedei ticket sanitari, la tassa sul medico di famiglia, l’imposta comunale sugliimmobili (Ici) e il blocco di stipendi e assunzioni nel pubblico impiego.Dettaglio non banale: con quella finanziaria inizia anche la stagione delleprivatizzazioni.

 

Il “sacco d’Italia”

Ad occuparsi di privatizzazioni, però, non è Amato. Che si dimette il 28 Aprile del 1993, a seguito della schiacciante vittoria dei Sì al referendum sull’abrogazione dell’allora legge elettorale proporzionale. Il Presidente della Repubblica Scalfaro, dopo le consultazioni, affida l’incarico di formare un nuovo governo a un tecnico, Carlo Azeglio Ciampi, già governatore della Banca d’Italia. Il suo compito - esattamente come quello di Mario Monti dieci anni dopo - è quello di fare le riforme necessarie e di cambiare la legge elettorale, affinché si vada a votare il più presto possibile. A tale governo danno il proprio appoggio pure il Partito Democratico della Sinistra, la Rete di Leoluca Orlando e i Verdi. Anche nel 1993, il mese clou è l’estate. Il 30 giugno il Governo procede alla dismissione delle partecipazioni detenute dal tesoro in Banca commerciale italiana, Credito italiano, Enel, Imi, Stet, Ina ed Agip. E a luglio, il Ministro degli Esteri Beniamino Andreatta si accorda con il Commissario Europeo per la Concorrenz aKarel Van Miert per la dismissione, entro il 1996, di tutte le aziende possedute dall’IRI - del quale era tornato Presidente Romano Prodi - per pagare i debiti accumulati dall’ EFIM, altro carrozzone pubblico. Tra il 1992 ed il 2000l’IRI vendette partecipazioni e rami d’azienda che determinarono un incasso per il ministero del Tesoro, suo unico azionista, di 56.051 miliardi di lire, cui vanno aggiunti i debiti trasferiti. Giusto per fare due conti: le privatizzazioni resero all’Italia circa 100 miliardi di dollari, su un giro planetario complessivo di circa 460 miliardi. Quella di Telecom Italia fu l’operazione di privatizzazione più grossa mai conclusa in Europa. Circa il 48%di tutto questo capitale finì in mani anglo-americane. Chi lo chiamò il “sacco d’Italia” aveva qualche ragione.

 

Oggi come ieri?

Bisogna togliere Eni,Enel e Finmeccanica dal controllo dello Stato italiano. Così, in soldoni, quelche ha detto fra le altre cose il famoso editoriale del Financial Times dello scorso 8 Novembre, quello dell’ormai celeberrimo “In nome di Dio, vattene” rivolto a Berlusconi. Anche nella famosa lettera della BCE al Governo Italiano dello scorso agosto, del resto, si fa riferimento alla necessità di “privatizzazioni su larga scala” nei servizi pubblici locali. Non sono in pochi a pensare che, nel dispiegarsi di questa crisi politica, si stia preparando un secondo “sacco d’Italia”. Le analogie tra il biennio ’92-’93 e la situazione attuale si sprecano: dall’implosione della maggioranza di governo, bombardata dalle inchieste giudiziarie che hanno riguardato Berlusconi e molti dei suoi sodali, oltreché gli stessi vertici di Eni e Finmeccanica, al declassamento del debito sovrano; dall’attacco speculativo a titoli di Stato, banche e imprese italiane, sino alla scelta di affidare il Governo alla guida di un “tecnico” come Mario Monti. L’analogia principale,tuttavia, è un’altra. Che in Italia non c’è un soldo, come ha impietosamente dimostratola vendita di Parmalat ai francesi di Lactalis. E che, nel caso fossero vendutele quote appartenenti allo Stato di Eni, Enel e Finmeccanica, queste finirebbero inesorabilmente in mani straniere. A prezzi stracciati, per di più, come accade sempre in seguito ad attacchi speculativi. E come del resto è già avvenuto nel 1993. Nel giro di un anno, se Eni ha perso solo il 5% del proprio valore, Enel quasi il 20% e Finmeccanica oltre il 50%. Gli avvoltoi sono già in volo.

 

Francesco Cancellato

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