Cinesi i più "ricchi" ma più poveri degli Usa - di Loretta Napoleoni
La complessa relazione che corre tra Stati Uniti e Cina, le due economie più grandi al mondo, continua ad affascinare e ad alimentare le polemiche tra economisti, politologi ed intellettuali. Questa settimana, poi, la previsione che entro la fine del 2014 l'economia cinese sarà più grande di quella Usa, formulata dall'International Comparison Programme - un organo di monitoraggio della Banca Mondiale per 199 nazioni ed otto aree economiche - ha riacceso il dibattito economico.
All'inizio degli anni Novanta, il paradigma classico ruotava intorno ad una contrapposizione manichea, quasi da Guerra fredda: da una parte c'era un Paese democratico e ricco, gli Stati Uniti, e dall'altra un regime totalitario ed economicamente ingiusto, quello cinese.
Negli Usa, la prolungata recessione innescata dalla bolla dei mutui subprime e dal fallimento della Lehman Brothers, ha rotto l'incantesimo del neo-liberismo mettendo a nudo realtà sconcertanti. Come l'aumento delle diseguaglianze e della sperequazione dei redditi nella nazione che ha regalato al mondo il "sogno americano". Ormai tutti hanno intuito che il tradizionale sistema meritocratico, dove le opportunità erano alla portata di tutti, anche e soprattutto dei meno abbienti, il modello socio-economico che ha reso l'America la prima economia al mondo, non esiste più. Al suo posto è subentrato un sistema sempre più elitario, spesso controllato da caste finanziarie ed economiche.
Allo stesso tempo la nascita del capi-comunismo cinese (un sistema capitalista privo di democrazia) ed il successo economico di questo nuovo modello nel processo di modernizzazione di una nazione profondamente arretrata e povera, come la Cina degli anni Settanta, hanno fatto nascere seri dubbi sulla validità ed unicità della formula occidentale, meglio nota come il binomio democrazia-capitalismo, quale modello ideale di libero mercato.
L'ascesa della Cina e la crisi della leadership economica mondiale americana, dunque, hanno spinto economisti, politologi ed intellettuali a una rilettura dei rapporti tra queste due nazioni e del ruolo politico ed economico che esse hanno nel pianeta. Tra i temi più caldi c'è, naturalmente, il sorpasso economico, in termini assoluti, della Cina. Secondo le previsioni quest'anno Pechino sottrarrà a Washington un primato che quest'ultimo ha strappato, nel lontano 1872, all'Inghilterra della rivoluzione industriale.
In realtà, se mettiamo da parte l'ideologia politica e ragioniamo sui numeri, questo non è poi un evento così straordinario. La popolazione americana è appena un quarto di quella cinese, stimata a 1 miliardo e 300 milioni di persone. Era dunque inevitabile che, ad un certo punto, l'economia cinese diventasse più grande di quella americana. Tuttavia, i cinesi continueranno ad essere molto, ma molto più poveri degli americani, che al momento godono di un reddito pro capite tre volte più alto.
Il sorpasso, va detto, non era previsto prima degli anni 2020, ma l'introduzione di nuovi parametri che, secondo molti, permettono un calcolo più realista delle dimensioni delle economie analizzate, lo ha anticipato. In altre parole il Pil non è stato più calcolato in termini nominali (secondo le vecchie stime del Fmi nel 2012 l'economia americana era pari a 16.200 miliardi di dollari e quella cinese a 8.200 miliardi di dollari), ma sulla base del potere d'acquisto della moneta, quindi della quantità di beni che i salari possono acquistare. Secondo questo criterio, nel 2011 l'economia cinese era l'87 per cento di quella americana, e con una crescita economica- dal 2011 al 2014- stimata al 24 per cento, contro quella americana più bassa del 7,6, la Cina dovrebbe completare il sorpasso entro l'anno.
L'eccezionalità della previsione a corto raggio del sorpasso nasce, dunque, da una serie di preconcetti ideologici che noi occidentali ci portiamo dietro dalla nascita del capitalismo: un regime non democratico non può produrre un modello economico funzionante, di qualsiasi tipo esso sia, questo in sintesi il ragionamento. Il fatto poi che a contestare tale postulato non siano organi di Stato cinesi bensì istituzioni, come l'International Comparison Programme, la Banca Mondiale ed il Fondo Monetario, e cioè fonti occidentali autorevoli, utilizzate da sempre quale metro di comparazione delle economie mondiali, ha trasformato il probabile sorpasso in un evento epocale.